2025 Large Format Diary, Un nuovo e un vecchio amore a prima vista
2022 Force One, "Sguardi" - Looks through the hands of Max Cardelli, by Luca Marotta
2022 How To Spend It, Negli occhi delle donne
​2022 Quotidiano Libero, i segreti del fotografo Max Cardelli, by Alessandro Wu
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2021 Image Mag, L’onestaÌ€ del tempo, by MoseÌ€ Franchi
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2020 Essere e non essere by Renzo Martinelli
2020 La Repubblica, Attimi e volti quando l’attore esce di scena, by Sara Chiappori
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2019 Corriere della sera, La ricerca del sogno tra amore e tolleranza
2017 Wonderwomen, The face in tension, by Andrea Pinotti
2017 La Repubblica, Wonderwomen - 20 anni di ritratti femminili
2017 Vanity Fair, Wonderwomen - I volti intensi
2017 The Walkman, Fotografi Moda – Gli italiani dietro l’obiettivo by Annalisa Manzo
2016 Sprea Fotografia, Max Cardelli e il ritratto italiano, by Alessandro Curti
2016 Fotografare, Professional backstage, by Giovanni Di Miceli
2016 Radio 105, interview
2015 Il Fotografo, Il ritratto come passione, by Alessandro Curti
2014 Financial Magazine, The Silence, by Cristina Cimato
2014 Porsche Black Magazine
2014 La Repubblica, Isabella e le altre, by E. Muritti
2014 Il fatto quotidiano, Ritratti in versi con Isabella
2014 Marie Claire Italy, Segnali di luce, by Sara del Corona
2014 Panorama, Fascino e mito di tutte le donne
2014 Vanity Fair, M’illumino d’immenso
2014 La presse, Forma Luce
2014 Vogue Italia, Forma Luce
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2011 Il resto del Carlino, Lo sguardo di Max Cardelli su Cuba a 50 anni dalla rivoluzione castrista
2011 Marie Claire Italy, Rendere omaggio alla donna
2011 D La Repubblica, L’Avana, 50 anni dopo la rivoluzione
2011 Velvet Magazine, Havana
2011 Havana’s manholes di Silvana Turzio
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2010 Adversus, Interview, by Alessio Cristianini
2008 Photographie, Schwarz und Weiss, by Sebastian Arackal
2007 Vision, Skank Skank Skank, by Didi
2005 Ish, Shooting magic, by Lisha Ojun
2005 Lo sguardo italiano, 2005, Fondazione Pitti Immagine Discovery
2005 La Nazione, “Stile in 400 scatti”, 2005, di Eva Desiderio
LARGE FORMAT DIARY
Un nuovo e un vecchio amore a prima vista
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Credo di poter affermare che il mio approccio alla fotografia sia nato grazie al ritratto. È stato l’amore per il volto umano, l’infatuazione che provavo nell’osservarne espressioni, sfumature, silenzi visivi a spingermi verso “ l’ urgenza”di fermare quegli istanti. Sentivo il bisogno profondo di trattenere quelle emozioni che solo il volto sa comunicare, di conservarle oltre che scoprirle. Sono arrivato alla fotografia per questo: per necessità. Un amore a prima vista, potrei dire senza esitazione.
La mia prima macchina fotografica fu una semplice Polaroid. Non c’era bisogno di nient’altro: scattavi, e quel volto era lì, impresso per sempre, fisso e tangibile, testimone di un momento irripetibile.
Con il tempo, naturalmente, l’amore per la fotografia mi ha portato ad approfondire la tecnica, a conoscere strumenti, metodi, linguaggi. Ma tutto è sempre rimasto finalizzato a una sola cosa: fotografare le persone.
Per fotografare qualcosa o qualcuno bisogna prima in qualche modo amarlo ed io ero innamorato del genere umano e da giovane lo ero in modo indistinto come forse solo da giovani si riesce a fare.
Il mezzo mi offriva la possibilità straordinaria di avvicinare gli sconosciuti. Ogni volta era una scoperta, un’apertura verso l’altro che superava barriere, persino quelle della mia timidezza. La macchina fotografica diventava un ponte, un pretesto per entrare in contatto.
Poi la scoperta del banco ottico 20x25 mi aprì a un dialogo con il soggetto profondamente diverso, non solo dal punto di vista tecnico. Le particolari caratteristiche di questa macchina — la gestione dei fuochi e degli sfuocati, il controllo sui mossi — le conferiscono una personalità unica, che mi ha permesso di sviluppare un linguaggio più vicino alla mia sensibilità.
Ma ciò che più mi porto’ all’utilizzo di questa macchina nella fottografia di ritratto fu’ la tensione emotiva che si instaurava durante lo scatto: una tensione che restituiva, nell'immagine finale, tutta la complessità (solo apparentemente ostile) dell'approccio iniziale con il soggetto. Il banco ottico richiede attenzione, da parte di tutti: fotografo, assistenti, truccatori, parrucchieri... Questa concentrazione collettiva si rifletteva sul soggetto stesso, che si sentiva oggetto di cura e presenza. E così, anche i pochi scatti realizzati acquistavano una densità e una carica energetica che sarebbe stata impensabile con la rapidità dello scatto in sequenza delle macchine a rullo.
Nel corso degli anni ho attraversato diversi ambiti della fotografia: soprattutto la moda. Ma, a ben guardare, si trattava sempre di una scusa. Una scusa per poter continuare a conoscere e ritrarre persone. Non mi interessavano in fondo i vestiti bensi questi uomini e donne che li vestivano , con le loro espressioni , le proprie gestualita’ , il loro linguaggio corporeo e le loro unicita’. E questo ambito mi offriva la possibilita’ di viaggiare con un camera sempre con me e nel contempo di conoscere persone ( e fotografarle).
Non mi è mai interessato catalogare i soggetti secondo ruoli, generi, professioni. Quello che erano nella loro professione era, per me, solo un indizio. Il loro valore umano era ciò che realmente cercavo. È questo, del resto, ciò che più conta in un ritratto: cogliere la verità interiore, indipendentemente da ciò che il soggetto rappresenta all’esterno.
Fare ritratti significa, in qualche modo, confrontarsi con la psicologia. Fotografare un volto è prendersi cura dell’anima dell’altro. In ogni incontro, cerco di intravedere un lato inedito del soggetto , una parte che magari nemmeno lui stesso conosce. E, allo stesso tempo, scopro qualcosa anche di me.
C’è uno scambio profondo, un dialogo silenzioso tra fotografo e fotografato. Ed è proprio da questo dialogo che nasce l’immagine finale: non una semplice fotografia, ma un ritratto che contiene, in filigrana, due anime che si sono incontrate.
Negli ultimi anni, con l’avanzare dell’età, sono diventato più selettivo — forse anche più esigente — nella scelta dei soggetti da ritrarre. Forse semplicemente perché, col tempo, diventiamo tutti un po’ più complessi.
Sento oggi più che mai il bisogno di un nesso emozionale con la persona che ho davanti. Quando questo legame non si crea, qualcosa si blocca.
E senza quell’empatia iniziale, diventa difficile – se non impossibile – proseguire.
Forse anche per questo motivo ho iniziato ad avvicinarmi alla fotografia di paesaggio. La trovo calma, più silenziosa. E, in qualche modo, anche nei paesaggi riesco a scorgere un volto, una presenza. È un tipo di fotografia che mi offre una forma diversa di relazione, meno immediata ma altrettanto profonda.
Negli ultimi dieci anni, inoltre, ho riscoperto un vecchio amore: la camera oscura. È lì che avevo mosso i primi passi, ed è lì che sono tornato con entusiasmo e consapevolezza nuove. Questa riscoperta mi ha portato alla stampa al platino-palladio: una tecnica antica, laboriosa, ma che offre risultati di una ricchezza espressiva straordinaria. Richiede pazienza, precisione, dedizione. Ma quando tutto funziona, la soddisfazione è immensa.
"Attraverso la platinotipia sono entrato in contatto con le carte artigianali (washi) realizzate dai maestri giapponesi: l’unione di questa tecnica di stampa con questi supporti straordinari genera un risultato visivo e tattile che, per me, dà pieno compimento al senso stesso che attribuisco alla fotografia.”
Oggi, insieme ad Hannes — esperto tecnico e fotografo e mio collaboratore nel campo della stampa — abbiamo avviato un canale di consulenza ( www.78pt.it) dedicato agli artisti che non si fermano all’acquisizione dell’immagine, ma desiderano conferirle una forma finale attraverso la stampa, esplorando diversi supporti e tecniche."
